Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico (in latino: Gaius Iulius Caesar Augustus Germanicus;; Anzio, 31 agosto 12 – Roma, 24 gennaio 41), regnante con il nome di Gaio Cesare e meglio conosciuto con il soprannome di Caligola, è stato il terzo imperatore romano, appartenente alla dinastia giulio-claudia. Regnò per meno di quattro anni dal 37 al 41, anno della sua morte. Le fonti storiche antiche note hanno tramandato di Caligola un'immagine di despota, sottolineandone stravaganze, eccentricità e depravazione. Lo si accusa di aver dilapidato il patrimonio accumulato dal predecessore, per quanto ciò avvenisse anche per ottemperare ai lasciti testamentari stabiliti da Tiberio e per offrire al popolo giochi, denaro e cibo.

Le sue stravaganze, ispirate all'autocrazia dei monarchi orientali ellenistici e al disprezzo per la classe senatoria, non furono molto diverse dalla vendetta che Tiberio stesso mise in atto negli ultimi anni del suo principato. D'altra parte ci sono aspetti che indicano che la sua amministrazione iniziale ebbe anche lati positivi, come la riduzione della tassa sulle vendite (centesima rerum venalium) e la realizzazione e ristrutturazione di alcune opere pubbliche. Negli ultimi tempi diede segni di squilibrio mentale, tanto da indurre a credere che soffrisse di una malattia degenerativa. Fu assassinato a 28 anni da alcuni soldati della guardia pretoriana.

In oriente, Caligola insediò come re clienti i tre giovani principi traci che aveva avuto modo di frequentare in gioventù, a casa della nonna Antonia: a Polemone II il regno del Ponto e del Bosforo (nel 38), a Remetalce III metà dell'antico regno di Tracia e a Cotys IX l'Armenia Minore. L'imperatore non seguì un'identica linea politica con i regni alleati orientali: si basò molto sulla simpatia e sulla fiducia personale che ogni singolo sovrano fu in grado di trasmettergli. Depose ed esiliò Mitridate, re d'Armenia; nominò Antioco re di Commagene, regione ridotta a provincia nel 17, al quale regalò 100 milioni di sesterzi; elesse governatore dei territori di Batanea e Traconitide l'amico di infanzia, Erode Agrippa, donandogli in seguito anche il regno di Giudea dopo aver esiliato lo zio Erode Antipa), accusato di volersi impadronire dei territori di Agrippa e di aver ordito una congiura contro l'imperatore, oltre alla Palestina nord-occidentale, che dalla morte di Erode Filippo II era sotto il controllo diretto di Roma.

Il 24 gennaio del 41, durante l'annuale celebrazione dei ludi palatini, un gruppo di pretoriani, guidati dai due tribuni Cherea e Cornelio Sabino, misero in atto il loro piano per assassinare il princeps. L'occasione era favorevole, in quanto i congiurati avrebbero potuto mescolarsi agli spettatori accorsi al teatro mobile tradizionalmente allestito di fronte al palazzo imperiale. Caligola giunse in teatro, si sedette e iniziò ad assistere allo spettacolo. Quando verso l'ora settima, o forse la nona, a seconda delle fonti, egli decise di andarsene e mentre percorreva un criptoportico che congiungeva il teatro al palazzo, si fermò a conversare con un gruppo di attori asiatici che avrebbero dovuto esibirsi a breve. Fu a questo punto che il principe incontrò infine la sorte temuta. Al primo tumulto, accorsero in suo aiuto i portatori della lettiga, armati di bastoni, poi i germani della sua guardia che uccisero alcuni dei suoi assassini e anche qualche senatore estraneo al delitto. Durante lo scontro Caligola fu pugnalato a morte. Qualche ora dopo persero la vita anche sua moglie Milonia Cesonia, pugnalata da un centurione appositamente inviato da Cherea, e la figlia piccola, Giulia Drusilla, che fu scaraventata contro un muro.

Secondo Svetonio il principe fu colpito da oltre trenta pugnalate. Il suo cadavere fu portato negli Horti Lamiani, semi-bruciato e frettolosamente ricoperto di terra; quando le sorelle tornarono dall'esilio, disseppellirono il corpo del fratello e posero le sue ceneri nel Mausoleo di Augusto. Al momento della diffusione della notizia che Caligola era morto nessuno osò festeggiare, poiché i più credevano che l'imperatore avesse messo in giro la voce per capire di chi potesse fidarsi. Quando questa comunicazione fu però confermata, non avendo i congiurati nominato alcun altro imperatore, il Senato si riunì e dichiarò di voler ripristinare la Repubblica, cancellando di fatto il governo dei precedenti principes a partire da Augusto. Cherea provò a convincere l'esercito ad appoggiare i padri coscritti, ma senza successo. Alla fine i senatori si resero conto di dover nominare un nuovo successore, che Lucio Annio Viniciano, importante senatore e cospiratore, indicò in Marco Vinicio, suo parente e marito di Giulia Livilla.

Alla morte di Caligola, i membri della famiglia imperiale rimasti ancora in vita erano pochi. Tra questi vi era il cinquantenne Claudio che, appena saputo della morte del nipote Gaio, corse a nascondersi nelle sue stanze; rintracciato da un pretoriano mentre era nascosto dietro una tenda, fu condotto nel loro accampamento per essere acclamato imperatore mentre il Senato era occupato tra Foro e Campidoglio. Claudio venne invitato a presentarsi davanti al popolo, ma prima decise di comprarsi la fedeltà della guardia pretoriana promettendo la somma di quindicimila sesterzi per ciascun pretoriano. Fu così che Claudio venne elevato alla porpora imperiale e divenne il quarto imperatore di Roma. Il nuovo princeps pose, quindi, il proprio veto a quanto il Senato aveva appena deliberato: condannare Caligola alla damnatio memoriae. Poi, su invito del popolo romano, fece imprigionare e condannare a morte tutti i congiurati, compreso Cassio Cherea.     

 

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