Nella chiesa bizantina, nel corso del VII secolo si sviluppò l'iconoclastia, ossia una reazione e un rifiuto del culto delle immagini (icone in greco) molto comune nella società cristiana del tempo e che si manifestava in diversi modi: dall'accensione di una lampada alla prosternazione davanti alle immagini, fino ad arrivare a considerarle sacre in sé stesse. Le prime misure iconoclaste sono prese nel 725 dall'imperatore Leone III Isaurico che sostituì il patriarca di Costantinopoli Germano I con l'iconoclasta Anastasio e fece rimuovere dalla Porta della Chalke un'icona del Cristo. Qualche anno più tardi vennero formalmente emessi degli editti in cui si vietava l'iconografia in cui la divinità veniva si rappresentata in modo figurato e non simbolico. Gli storici hanno avanzato diverse interpretazioni per spiegare tale scelta di Leone III che sicuramente creò sgomento e smarrimento nei fedeli del tempo; probabilmente l'imperatore fu mosso per motivi politici ma non è da escludere anche una volontà di limitare l'improprio utilizzo delle icone oggetto di eccessive venerazioni da parte del popolo, non è da escludere anche un'influenza da parte dell'Islam che vietava in assoluto le rappresentazioni della divinità. Ma con fu con il nuovo Imperatore, Costantino V, che la dottrina iconoclasta diventò dottrina ufficiale dell'impero, ed iniziò una più dura persecuzione e una sistematica distruzione delle icone. I maggiori oppositori (gli iconoduli, favorevoli al culto delle immagini) sono i monaci, che a Costantinopoli sollevano il popolo. Nel 754 Costantino convocò il Concilio di Hieria in cui vennero ufficializzate le teorie iconoclaste.[74] Con l'imperatrice Irene si ha una reazione opposta: essa convoca, non senza difficoltà, nel 786 il concilio di Nicea II, considerato il settimo e ultimo concilio ecumenico riconosciuto da tutta la cristianità, con cui venne ristabilito il culto delle immagini, considerato come parte della tradizione dei Padri del cristianesimo. Le successive sfortune militari contro l'impero bulgaro vennero interpretate come una punizione da parte di Dio verso gli imperatori idolatri. Così, nell'815 il nuovo Imperatore Leone V l'Armeno ritornò all'iconoclastia, seppur con posizioni meno dure, dovendo però subire una dura reazione, condotta soprattutto da Teodoro lo Studita. Il dibattito fu vivace, i sostenitori delle icone non solo difendevano le loro posizioni ma presentarono anche raffinate argomentazioni teologiche a loro sostegno. Il movimento iconoclasta si affievolì per terminare del tutto con la morte dell'imperatore Teofilo, avvenuta nell'845, a seguito della quale la vedova e reggente Teodora Armena ristabilì definitivamente il culto delle immagini.

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