Nel 390 a.C. un'invasione di Galli Senoni, prima sconfisse un esercito romano presso l'Allia, poi saccheggiò la stessa Roma. Gli antichi scrittori riferiscono che nel 389 gli Etruschi, i Volsci e gli Equi si sollevarono tutti insieme nella speranza di rovesciare il potere romano. Secondo Livio buona parte dell'Etruria si riunì presso il santuario federale di Vertumna (Fanum Voltumnae) per formare un'alleanza ostile a Roma. Posti sotto assedio da più parti, i Romani nominarono Marco Furio Camillo, dittatore, il quale scelse di marciare, prima contro i Volsci, lasciando una forza comandata dal tribuno consolare, Lucio Emilio Mamercino nel territorio di Veio a guardia degli Etruschi. Nel corso delle due campagne militari, Camillo riuscì a battere in modo schiacciante, Volsci ed Equi lungo il fronte meridionale, risultando così pronto a combattere gli Etruschi lungo il fronte settentrionale.
Livio e Plutarco, e più sommariamente Diodoro Siculo, narrano degli scontri tra Roma e gli Etruschi in modo molto similare. Mentre Camillo stava ancora combattendo contro i Volsci, gli Etruschi posero sotto assedio Sutrium, città alleata di Roma. I Sutrini inviarono a Roma loro ambasciatori per richiedere un aiuto romano e Camillo, dopo aver battuto Volsci e Equi, poté marciare in loro aiuto, ma poiché non era giunta in precedenza alcun'assistenza da parte romana, Sutrium era stata costretta ad arrendersi, togliendo agli abitanti il grosso delle armi e lasciandogliene una sola a testa. Avendo incontrato alcuni Sutrini esiliati quello stesso giorno, Camillo ordinò di lasciarsi i bagagli alle spalle e marciò con il suo esercito fino a Sutrium dove trovò il nemico ancora occupato a saccheggiare la città. Il dittatore romano ordinò allora di far chiudere tutte le porte della città e attaccò gli Etruschi prima che questi potessero riorganizzare le proprie forze. Questi ultimi, ora intrappolati, cominciarono a combattere contro i Romani, ma quando seppero che sarebbe stata risparmiata la vita in caso di resa, abbandonarono le armi in gran numero e fecero atto di sottomissione. Sutrium venne quindi catturata due volte nello stesso giorno. Livio fornisce una descrizione sulla quantità di bottino ottenuto. Dopo aver vinto tre guerre simultanee, Camillo tornò a Roma in trionfo.
Mappa delle operazioni militari della guerra romano-etrusca degli anni 389-386 a.C.
I prigionieri etruschi furono venduti in un'asta pubblica; dopo che l'oro fu restituito alle matrone romane (che avevano contribuito con il loro oro a riscattare Roma dai Galli), ne rimase a sufficienza per fonderne in tre coppe con inciso il nome di Camillo e collocate nel tempio di Giove Ottimo Massimo, ai piedi della statua di Giunone.
Livio rimane la nostra unica fonte scritta per gli anni successivi. Egli ricorda che nel 388 a.C. un esercito romano invase il territorio di Tarquinia, dove furono catturate i villaggi di Cortuosa e Contenebra. La prima venne assaltata di sorpresa e cadde al primo assalto. A Contenebra una piccola guarnigione tentò di resistere, ma dopo pochi giorni venne sopraffatta dalle forze romane di molto superiori in numero. L'anno successivo (nel 387 a.C.), ancora gli Etruschi si ribellarono e i Romani furono costretti a chiedere a Camillo di intervenire, mentre egli era appena stato eletto con altri cinque membri, tribuno consolare per il 386 a.C.. Tuttavia Camillo fu costretto ad intervenire contro i Volsci che avevano invaso il territorio Pontino. Ancora una volta, approfittando del fatto che Roma era occupata lungo il fronte meridionale contro i Volsci, gli Etruschi attaccarono le roccaforti di Nepet e Sutrium. Fortunatamente Camillo riuscì a battere i Volsci rapidamente e Roma era riuscita a mettere in campo un secondo esercito. Fu così possibile unire le forze dei due eserciti, posti sotto il comando di Camillo e dell'altro tribuno consolare, P. Valerio Potito Poplicola, e condurre ora la guerra contro le forze etrusche. Presto le armate romane giunsero a Sutrium, che gli Etruschi erano riusciti ad occupare per metà. L'altra parte si difendeva con grande accanimento, strada per strada, barricata per barricata. Camillo divise il suo esercito in due parti, ordinando al suo collega di attaccare le mura dal lato in cui il nemico ne era venuto in possesso. Gli Etruschi così aggrediti da dentro e fuori dalla città, vennero costretti a ritirarsi lasciando sul campo numerosi morti. Dopo aver occupato nuovamente Sutrium, l'esercito romano marciò su Nepet, che da poco si era arresa agli Etruschi a causa del tradimento di alcuni cittadini. Camillo provò in prima istanza a convincere i Nepesini a cacciare gli Etruschi, ma al loro rifiuto, assaltò e catturò la città. Vennero, quindi, trucidati tutti gli Etruschi e gli abitanti di Nepet che si erano schierati dalla loro parte. Venne infine lasciato un presidio romano nella città. Dopo questa vittoria sembra regnò la pace tra Romani ed Etruschi fino al 358 a.C., quando Roma fu costretta, ancora una volta, ad intervenire contro Tarquinia.
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