Con la fine del VII secolo a.C. l'espansione etrusca verso il meridione d'Italia, portò anche all'occupazione di Roma antica. Sotto i re etruschi Tarquinio Prisco,[38] Servio Tullio[39] e Tarquinio il Superbo,[40] Roma si espanse in direzione nord-ovest, venendo in conflitto contro i Veientani dopo la scadenza del trattato che aveva concluso la precedente guerra.[41] Tarquinio Prisco ottenne un trionfo sugli Etruschi (il 1º aprile del 588/587 a.C.).[4] Su questi ultimi anche Servio Tullio ottenne un triplice trionfo (il primo il 25 novembre del 571/570 a.C., il secondo il 25 maggio del 567/566 a.C. e un terzo in una data non leggibile).[4] Floro racconta infatti che Tarquinio Prisco sottomise, dopo frequenti scontri, tutti i dodici popoli etruschi (vale a dire le città di Arezzo, Caere, Chiusi, Cortona, Perugia, Roselle, Tarquinia, Veio, Vetulonia, Volsinii, Volterra e Vulci).

L'ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo ottenne di rinnovare il trattato di pace con gli Etruschi.[43][44] Ma alla fine i re etruschi furono rovesciati[45] nel contesto di una più ampia esautorazione del potere etrusco nell'area dell'antico Latium vetus, e Roma, i cui possedimenti non si estendevano oltre le 15 miglia dalla città,[43] si diede un assetto repubblicano,[46][47] una forma di governo basata sulla rappresentatività popolare e in contrasto con la precedente autocrazia monarchica.

Il re deposto, Tarquinio il Superbo, la cui famiglia si narra fosse originaria di Tarquinia in Etruria, ottenne il sostegno delle città di Veio e Tarquinia, ricordando le sconfitte inflitte in passato per mano dei Romani. Gli eserciti delle due città seguirono Tarquinio nell'impresa di riconquistare Roma, ma i due consoli romani, Publio Valerio Publicola e Lucio Giunio Bruto, avanzarono con le forze romane per venire a contatto con loro. L'ultimo giorno del mese di febbraio[48] fu combattuta la sanguinosa battaglia della Selva Arsia, durante la quale perirono moltissimi uomini da una parte e dall'altra; tra questi anche il console Bruto. Lo scontro fu interrotto da una violenta e improvvisa tempesta, senza che fosse certo l'esito, tanti erano i morti che giacevano sul campo di battaglia. Entrambe le parti reclamavano la vittoria, finché non fu sentita nel profondo della notte una voce che affermava che i Romani avevano vinto, poiché gli Etruschi avevano perso un uomo in più.[5]

«....Numeratisi poscia i cadaveri, trovati furono undicimila e trecento quelli dei nemici, e altrettanti, meno uno, quei dei Romani»
(Plutarco, La vita di Publicola)

Impauriti dalla voce molti tra gli Etruschi fuggirono, lasciando i compagni prigionieri nelle mani dei romani e Valerio poté così rientrare a Roma in trionfo, il primo trionfo celebrato da un condottiero romano (1º marzo del 509 a.C.).[4] Livio narra che, ancora nel 509 a.C., Valerio tornò a combattere i Veienti, sebbene non sia chiaro ciò che successe in questo secondo scontro.

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