La battaglia dello Yarmūk (in arabo معركة اليرموك?, Maʿrakat al-Yarmūk, o del Yarmuk, indicato anche Hieromyax) fu in realtà una campagna militare articolata lungo sei giorni tra il Califfato dei Rashidun e l'Impero romano d'Oriente, nell'agosto del 636, vicino al fiume Yarmūk, lungo quello che oggi è il confine tra Siria e Giordania, a sud-est del Mare di Galilea. La campagna si rivelò uno dei fatti d'arme maggiormente decisivi della storia e segnò la prima grande ondata di espansione islamica dopo la morte di Maometto, sancendo così la rapida avanzata dell'Islam nelle province della Siria e della Palestina. La battaglia è considerata un'impresa memorabile di Khālid b. al-Walīd, che consolidò la sua reputazione di grande stratega e comandante di cavalleria. La gola del fiume Yarmūk (un affluente di sinistra del fiume Giordano) è una località che si trova in Siria meridionale, presso le alture del Golan. Qui fu combattuta una serie di dure battaglie tra l'esercito bizantino e quello degli Arabi musulmani, guidati da Khālid b. al-Walīd, tra cui la battaglia di Thaniyyat al-ʿUqāb. Questi ultimi rivolsero massicciamente tutta la loro potenza militare contro i Romani.
Si erano già avute alcune scaramucce e incursioni effettuate dagli Arabi un paio di anni prima, tutte terminate con la distruzione di accampamenti romani e la conquista delle città dove erano stanziati, nella regione della Transgiordania. L'imperatore romano d'oriente Eraclio I era appena uscito da una sanguinosa guerra contro i Persiani, dei quali aveva avuto ragione a caro prezzo. Tuttavia decise di reagire contro gli attacchi arabi che minacciavano i confini del suo impero. La felice scelta del terreno operata da Khālid b. al-Walīd valse già in partenza a impostare l'esito finale della battaglia in senso favorevole agli Arabi musulmani. Più che di battaglia è corretto parlare di "campagna dello Yarmūk", visto che gli scontri si reiterarono per oltre un mese. I Romani, sotto il comando operativo di Vahan e di Teodoro Trithyrius, erano appoggiati dagli Arabi ghassanidi, anch'essi cristiani, al comando del loro sovrano Jabala ibn al-Ayham. Il totale dei combattenti cristiani era di 40.000-70.000 uomini (ma con gravi problemi di logistica), mentre quello dei musulmani era assai minore, in grado però di sostentarsi senza problemi di demoralizzazione fino ai ripetuti scontri che si produssero lungo l'arco del mese di luglio-agosto. In quel periodo dell'anno il calore era infatti assai sensibile per le truppe bizantine, non perfettamente adattate al clima e abbastanza pesantemente armate (almeno rispetto a quelle arabo-musulmane), e all'interno delle cui file non mancavano tra l'altro frizioni fra Arabi, Greci ed Armeni.
Le fonti romane parlarono di tradimento da parte di Vahān, accusando anche di mancato aiuto il funzionario del tesoro di Damasco, Manṣūr, figlio di Sergius. La realtà è che la superiore mobilità araba, la sua capacità di affrontare la dura vita di bivacco e l'alto morale generato dalla loro nuova fede ebbero la meglio sulle tattiche abbastanza statiche bizantine, sui loro problemi di approvvigionamento e sulla demoralizzazione causata dal mancato regolare pagamento ai soldati, senza contare le superiori capacità tattiche e strategiche della "Spada di Allah": un generale che non perse mai uno scontro a cui partecipò, cementando in questa battaglia la sua reputazione di uno dei più grandi strateghi della storia.
PRELUDIO: Durante l'ultima delle guerre tra Bisanzio e la Persia, nel 610, Eraclio divenne imperatore dell'Impero romano d'Oriente, dopo aver detronizzato Foca. Nel frattempo i Persiani Sasanidi conquistarono la Mesopotamia e nel 611 devastarono la Siria penetrando in Anatolia, dove occuparono Caesarea Mazaca (odierna Kayseri).
Eraclio, nel 612, riuscì ad espellere i Persiani dall'Anatolia, ma fu decisivamente sconfitto nel 613 quando lanciò una grande offensiva in Siria contro i Persiani. Nel decennio successivo i Persiani riuscirono nell'impresa di conquistare Palestina ed Egitto. Nel frattempo Eraclio si preparò per una controffensiva ricostruendo il suo esercito. Nove anni dopo, nel 622, Eraclio lanciò la sua controffensiva. Dopo aver ottenuto diversi successi sui Persiani e i loro alleati nel Caucaso e in Armenia, Eraclio, nel 627, lanciò un'offensiva invernale contro i Persiani in Mesopotamia dove ottenne una vittoria decisiva nella battaglia di Ninive per poi minacciare la capitale persiana Ctesifonte. Screditato da tutte queste disfatte, Cosroe II fu detronizzato e ucciso in un colpo di Stato condotto da suo figlio Kavadh II, che negoziò una pace con Bisanzio, accettando di ritirarsi da tutti i territori occupati dai Persiani ma che un tempo appartenevano all'Impero bizantino, restituendoli a Bisanzio. Eraclio riportò la "Vera Croce" a Gerusalemme con una cerimonia trionfale nel 629.
Nel frattempo, in Arabia, il profeta musulmano Maometto stava predicando una nuova religione, l'Islam, riuscendo ad unire la maggior parte dell'Arabia sotto la propria autorità. Quando Maometto morì nel giugno del 632, Abū Bakr fu prescelto come Califfo, cioè suo successore politico. Vi furono, però, alcuni problemi dopo questa successione. Alcune tribù arabe si rivoltarono contro Abū Bakr, iniziarono così le guerre della ridda. Abū Bakr, dopo aver dichiarato guerra agli "apostati" ne vinse la resistenza già nel 632 e nel 633 l'Arabia era unita sotto l'autorità centrale del Califfo con sede a Medina. Dopo aver schiacciato le rivolte Abū Bakr iniziò una guerra di conquista cominciando dall'Iraq, la provincia più fiorente dell'Impero persiano. Inviò il suo generale più brillante, Khālid b. al-Walīd, detto "la Spada di Dio", con lo scopo di invadere l'impero retto dalla dinastia sasanide. Dopo numerose e vittoriose campagne contro i Persiani e la conquista dell'Iraq, la fiducia di Abū Bakr aumentò e, una volta che Khālid stabilì la sua roccaforte in Iraq, Abū Bakr proclamò una chiamata alle armi per l'invasione della Siria nel febbraio del 634.
L'invasione musulmana della Siria fu una serie di ben pianificate e ben coordinate operazioni militari che impiegavano più la strategia che non la pura forza per aggirare le misure difensive bizantine. Gli eserciti musulmani, tuttavia, presto si dimostrarono troppo piccoli per riuscire a contrastare la controffensiva imperiale, e i loro comandanti, di conseguenza, chiesero ulteriori rinforzi. Khālid fu inviato da Abū Bakr dall'Iraq in Siria con corposi rinforzi e gli fu affidato la conduzione dell'invasione. Nel luglio 634, i Romei subirono una sconfitta decisiva presso Ajnādayn. Damasco cadde nel settembre 634, seguita dalla Battaglia di Fahl dove l'ultima significativa guarnigione romana in Palestina fu sconfitta e messa in rotta. Il Califfo Abū Bakr perì nel 634. Il suo successore, ʿUmar b. al-Khaṭṭāb, era determinato a continuare l'espansione del Califfato dei Rashidun in Siria. Anche se le precedenti campagne condotte da Khālid avevano portato a notevoli successi, egli fu sostituito da Abū ʿUbayda. Avendo sottomesso la parte meridionale della Palestina, le forze musulmane avanzarono, conquistando Tiberiade e Baalbek, senza incontrare molta resistenza e riuscendo a prendere Emesa all'inizio del 636, proseguendo quasi incontrastati il loro obiettivo di conquistare il Levante.
Nel 636, i musulmani, dopo aver conquistato Emesa, minacciavano le roccaforti bizantine di Aleppo e Antiochia. L'imperatore Eraclio, allarmato, cercò un'alleanza con l'imperatore persiano Yazdgard III, sancita da un matrimonio dinastico. L'idea era di coordinare un attacco simultaneo: Eraclio nel Levante e Yazdgard in Iraq. Tuttavia, il piano fallì a causa delle difficoltà interne dei Sasanidi. Eraclio radunò un grande esercito ad Antiochia, composto da contingenti di varie etnie e religioni, e lo suddivise in cinque armate comandate da leader distinti, tra cui Teodoro Trithyrius e Vahān. Le forze musulmane erano invece divise in quattro gruppi, il che spinse Eraclio a pianificare attacchi separati per neutralizzarli prima che potessero unirsi. Il piano bizantino prevedeva attacchi coordinati su più fronti per accerchiare i musulmani, ma il complesso schieramento non riuscì a raggiungere il suo obiettivo. Questo scontro strategico culminò nella Battaglia dello Yarmuk, dove i Bizantini subirono una sconfitta decisiva, segnando una svolta nell'espansione musulmana.
Immediatamente dopo la fine della battaglia, Khālid e la sua guardia mobile si mosse a nord per inseguire i soldati bizantini in ritirata; li trovò nei pressi di Damasco e attaccò. Nel conseguente combattimento il comandante dell'esercito imperiale, il principe armeno Vahān che era sfuggito al fato di molti dei suoi soldati nello scontro dello Yarmūk, fu ucciso. Khālid entrò quindi a Damasco dove si narra che fu ben accolto dalla popolazione locale, riconquistandola. Quando la notizia del disastro raggiunse l'Imperatore bizantino Eraclio ad Antiochia, era furioso: condannò le azioni malvagie compiute da lui stesso in passato, tra cui il matrimonio incestuoso con sua nipote Martina. Avrebbe provato a riconquistare la provincia se avesse avuto ancora delle risorse, ma ora non aveva più né gli uomini né il denaro per difendere la provincia. Si ritirò quindi nella cattedrale di Antiochia, dove si incontrò con i suoi consiglieri per decidere i successivi passi. Accettò il fatto che la sconfitta era avvenuta per decisione divina, a causa dei peccati della gente del luogo lui compreso.
Eraclio lasciò quindi la Siria la notte stessa, e si narra che nel momento della partenza avesse dato un ultimo addio alla Siria, dicendo: Addio, un lungo addio alla Siria, mia giusta provincia. Sei ora in mano agli infedeli (al nemico). Che la Pace sia con te, O Siria – Che terra magnifica sarai per il nemico. Eraclio abbandonò la Siria portando con sé la santa reliquia della Vera Croce che venne, insieme ad altre reliquie custodite a Gerusalemme, segretamente trasportata per nave dalla stessa Gerusalemme, per proteggerla dagli invasori arabi. Si narra che ora l'Imperatore avesse paura dell'acqua e un ponte galleggiante fu costruito per permettere ad Eraclio di attraversare il Bosforo per giungere a Costantinopoli. Dopo aver abbandonato la Siria, l'Imperatore cominciò a concentrare le forze rimanenti a sua disposizione per organizzare la difesa dell'Anatolia e dell'Egitto. L'Armenia bizantina cadde in mano musulmana nel 638–39 dopo che Eraclio creò una zona cuscinetto nell'Anatolia centrale ordinando che tutte le fortezze a est di Tarso fossero evacuate. Nel 639–642 i musulmani invasero e conquistarono l'Egitto bizantino, condotti dallo stesso ʿAmr b. al-ʿĀṣ che aveva comandato lo schieramento destro dell'esercito califfale dei Rāshidū sullo Yarmuk..
Wikipedia: Battaglia dello Yarmuk
immagine: l'invasione della Siria da parte del Califfato dei Rāshidūn