L'Impero sasanide o sassanide fu un'entità politica istituita da Ardashir I in seguito alla caduta dell'Impero partico e alla sconfitta dell'ultimo re della dinastia arsacide, Vologase VI. Governato dalla dinastia sasanide, esso esistette dal 224 d.C. al 651 d.C. ed era noto ai suoi abitanti con il nome Ērānshahr (letteralmente "Impero ariano") e Ērān in persiano medio, mentre come Iranshahr e Iran in persiano nuovo. Ultimo impero persiano attivo in epoca preislamica, nel corso della sua esistenza riuscì a elevarsi al rango di una delle potenze maggiori in Asia occidentale, meridionale e centrale, insieme con l'Impero romano prima e l'Impero romano d'Oriente poi. Nel corso del tempo, l'impero giunse a conquistare interamente il territorio degli odierni Iran, Iraq, Afghanistan, Siria orientale, il Caucaso (Armenia, Georgia, Azerbaigian e Daghestan), Asia centrale sudoccidentale, parte della Turchia, alcune regioni costiere della penisola arabica, la regione del Golfo Persico e alcune regioni del Pakistan occidentale.

La parentesi sasanide è considerata una delle più importanti e floride della storia della Persia, in quanto corrispose a un momento di grande splendore per diverse aree di quella regione. Più nel dettaglio, il periodo sasanide coincise con il picco dell'antica civiltà persiana, la cui cultura influenzò considerevolmente anche la civiltà romana nella tarda antichità. Nel basso Medioevo, l'influenza culturale dei Sasanidi si estese anche oltre i confini territoriali dell'impero, raggiungendo persino l'Europa occidentale, l'Africa, la Cina e l'India. È noto che Ctesifonte, capitale dell'entità politica in esame, intrattenne rapporti pacifici con la dinastia Tang in Cina e con l'impero indiano; inoltre, giocò un ruolo fondamentale nella formazione dell'arte medievale sia europea sia asiatica. La cultura persiana gettò infine le basi per molti elementi della cultura islamica, influenzando campi quali l'arte, l'architettura, la musica, la letteratura e la filosofia. Ufficialmente, l'entità politica in esame era conosciuta come impero degli iranici (in medio persiano: ērānšahr; in partico: aryānšahr); il termine è attestato per la prima volta nella Grande iscrizione di Sapore I, dove il re che ne ordinò la costruzione afferma «Io sono il sovrano dell'Impero degli Iranici» (in medio persiano: ērānšahr xwadāy hēm, in partico: aryānšahr xwadāy ahēm).

In ambito storico e accademico, resta comunque più comune la denominazione "Impero sasanide", che si deve al nome a cui la dinastia regnante si rifaceva, ovvero Sasan, sacerdote del tempio di Anahita, signore di Stakhr, governatore di Fars e padre di Papak (o Babak), al governo su una piccola città della Persia. Alcuni storici si sono riferiti all'impero sasanide anche come impero neo-persiano, rimarcando il fatto che fu il secondo impero iranico, dopo quello achemenide, sviluppatosi partendo dalla regione di Pars (Persis), mentre altri storici si sono riferiti come terzo impero, in considerazione del fatto che dopo l'Impero achemenide, nella regione vi fu anche il dominio dei Parti, talvolta definito come regno ma altre come Impero partico. La storia della Persia sasanide incominciò con Ardashir I che, dopo avere deposto l'ultimo arsacide Vologase VI, diventò Šāhanšāh nel 224 e si concluse con Yazdgard III nel 651, quando la conquista araba mise fine all'indipendenza persiana.

 

Alle porte del III secolo, le province dell'Impero partico costituivano dei regni quasi autonomi dal potere degli Arsacidi e la Persia, su cui regnava Gocir, era uno di questi. Papak, signore di Stakhr la cui condizione era quella di vassallo, approfittando della guerra dinastica scoppiata tra l'arsacide Vologase VI e suo fratello Artabano IV, si ribellò a Gocir e si proclamò re di Persia. Ardašir proclamò la sua dinastia erede di quella achemenide e operò per annullare le influenze culturali ellenistiche e ristabilire le antiche tradizioni della cultura persiana. Lo zoroastrismo divenne religione di Stato e i magi, ossia il clero zoroastriano, acquisirono grandi privilegi e potere. Ardašir rivendicò anche la sovranità su tutti i territori degli Achemenidi, comprese Armenia e Mesopotamia, arrivando fatalmente allo scontro con l'Impero romano.

Origini. Ardashir I Qal'eh Dokhtar nell'odierna provincia di Fars in Iran, costruito da Ardashir I nel 209, prima di sconfiggere l'Impero dei Parti. I resoconti che narrano la caduta dei Parti e l'ascesa dei Sasanidi sono discordanti, ed i dettagli su questi avvenimenti sono un mistero. L'Impero sasanide fu fondato a Istakhr da Ardashir I, un discendente dei sacerdoti della dea Anahita. Babak era in origine il sovrano della regione di Kheir, tuttavia, a partire dall'anno 200, riuscì a rovesciare Gocihr e ad autoproclamarsi nuovo re dei Bazrangidi. Sua madre, Rodhagh, era la figlia del governatore provinciale di Persia. Babak e suo figlio maggiore Sapore riuscirono a espandere la propria potenza su tutta la Persia. Gli avvenimenti successivi non sono chiari, a causa dell'insufficienza delle fonti. È certo tuttavia che, deceduto Babak, il governatore di Darabgerd, Ardashir, fu coinvolto in una lotta per il potere con suo fratello maggiore Sapore. Le fonti narrano che Sapore, andandosene da un incontro con il fratello, fu ucciso da un tetto di un edificio che crollò su di lui.

A partire dal 208, dopo avere giustiziato gli altri fratelli, Ardashir si proclamò re di Persia. Una volta diventato shahanshah (re), Ardashir trasferì la sua capitale al sud della Persia fondando Ardashir-Khwarrah (in precedenza Gur, l'odierna Firuzabad). La città, ben protetta dalle alte montagne e facilmente difendibile a causa dei passi stretti, divenne il centro dei tentativi di Ardashir di ottenere più potere. La città era circondata da alte mura circolari e al lato settentrionale si trovava un immenso palazzo, i cui resti sopravvivono ancora oggi. Dopo avere consolidato il dominio in Persia Ardashir I estese rapidamente il suo territorio, pretendendo fedeltà dai principi locali di Fars e ottenendo il controllo delle province confinanti di Kerman, Isfahan, Susiana e Mesene. Questa espansione preoccupò Artabano IV, il re dei Parti, che in un primo momento ordinò al governatore del Khuzestan di condurre guerra contro Ardashir nel 224, ma i primi scontri furono vittoriosi per quest'ultimo.

In un secondo tentativo di annientarlo, lo stesso Artabano si scontrò con lo shahanshah in battaglia presso Hormozgan, venendone ucciso. Dopodiché Ardashir I invase le province occidentali dell'Impero dei Parti, sottomettendole e ponendo fine a esso. Fregio sasanide a Naqsh-e Rostam (Iran), raffigurante Ardashir I incoronato da Ahura Mazdā (a destra); la figura in piedi alle sue spalle è probabilmente il successore, suo figlio Sapore I. I fattori che contribuirono all'ascesa dei Sasanidi furono la lotta dinastica tra Artabano e Vologase VI per il trono dei Parti, che probabilmente permise ad Ardashir di consolidare la sua autorità nel sud con poca o nessuna interferenza da parte dei Parti; oltre ovviamente alla geografia della provincia di Fars, che la separava dal resto dell'Iran.

Incoronato nel 224 a Ctesifonte unico re di Persia, Ardashir assunse il titolo di shahanshah o "Re dei Re" (le iscrizioni menzionano Adhur-Anahid come sua "Regina delle Regine", ma la sua relazione con Ardashir non è certa), portando alla dissoluzione dell'impero dei Parti dopo 400 anni e all'inizio di quattro secoli di dominio sasanide. Negli anni successivi, nonostante delle rivolte che sconvolsero l'impero, Ardashir I riuscì a espandere ulteriormente l'impero a est e a nordovest, conquistando le province di Sistan, Gorgan, Khorasan, Margiana (nel moderno Turkmenistan), Balkh e Corasmia. Aggiunse inoltre il Bahrein e Mosul ai domini sasanidi. Successive iscrizioni sasanide rivendicano inoltre la sottomissione dei Re di Kushan, Tūrān e Makran ad Ardashir, anche se basata su evidenza numismatica, è più probabile che questi siano stati sottomessi dal figlio di Ardashir, il futuro Sapore I. In Occidente, assalti contro Hatra, regno d'Armenia e Adiabene ebbero meno successo.

Nel 230 penetrò in territorio romano e una controffensiva romana avvenuta due anni dopo non ottenne grandi successi, anche se l'imperatore Alessandro Severo celebrò comunque un trionfo nell'Urbe. All'espansione sotto Cosroe II seguì però il declino. L'imperatore bizantino Eraclio (610-641) aveva infatti riorganizzato il suo esercito e aveva contrattaccato. Tra il 622 e il 627 Eraclio combatté i Persiani in Anatolia e nel Caucaso, infliggendo una serie di sconfitte all'esercito sasanide comandato da Cosroe, Shahvaraz, Shahin e Shahraplakan, saccheggiando il grande tempio zoroastriano a Ganzak e stringendo delle alleanze con i Cazari e il Khaganato turco occidentale. Nel 626 Costantinopoli venne assediata dagli Slavi e dagli Avari, che erano appoggiati dall'esercito persiano comandato da Shahvaraz, ma i tentativi di traghettare i Sasanidi in Europa vennero bloccati dalla flotta bizantina e l'assedio fallì.

Nell'inverno 627-628 Eraclio invase la Mesopotamia e, nonostante la partenza dei suoi alleati Khazar, sconfisse l'esercito sasanide comandato da Rhahzadh nella battaglia di Ninive. Marciò poi verso il Tigri, devastando il paese e saccheggiando il palazzo di Cosroe a Dastagerd. La distruzione dei ponti sul canale Nahrawan gli impedì di attaccare Ctesifonte e condusse ulteriori incursioni prima di ritirarsi nell'Iran nordoccidentale. L'impatto delle vittorie di Eraclio, della devastazione dei territori più ricchi dell'Impero sasanide e le umilianti distruzioni di Ganzak e Dastagerd aveva fatalmente fatto perdere a Cosroe il suo prestigio e il supporto datogli dall'aristocrazia sasanide, e nei primi mesi del 628 venne deposto e assassinato da suo figlio Kavad II (628), che pose immediatamente fine alla guerra, accettando di ritirarsi da tutti i territori occupati.

Nel 629, Eraclio riportò la Vera Croce a Gerusalemme nel corso di una sontuosa cerimonia. Kavad morì in pochi mesi e alla sua morte seguì il caos ed una guerra civile. Nei quattro anni successivi si succedettero ben cinque re, incluse due figlie di Cosroe II e Shahvaraz, e l'impero sasanide si indebolì considerevolmente. Il potere, prima detenuto dalle autorità centrali, passò nelle mani dei generali. Nella primavera del 632 salì al trono un nipote di Cosroe I, Yazdgard III. Nello stesso anno gli Arabi, uniti dall'Islam, fecero le prime incursioni nel territorio sasanide. Anni di guerra continua avevano indebolito sia i Bizantini sia i Sasanidi. I Sasanidi vennero indeboliti anche da una crisi economica, da tasse elevate, malcontento religioso, rigida stratificazione sociale, ascesa dei proprietari terrieri provinciali e un rapido susseguirsi di re. Questi fattori facilitarono la conquista islamica della Persia.

Yazdgard era un ragazzo alla mercé dei suoi consiglieri ed era incapace di unire un paese vasto sbriciolatosi in piccoli regni feudali, nonostante i Bizantini, impegnati a respingere gli attacchi arabi, non fossero più una minaccia. Il primo scontro tra Sasanidi ed Arabi avvenne nella battaglia del Ponte nel 634 e venne vinto dai Sasanidi; tuttavia gli Arabi non si arresero e poco dopo le truppe disciplinate di Khalid ibn al-Walid, generale dell'esercito arabo, sconfissero l'esercito persiano comandati dal generale Rostam Farrokhzād nelle pianure di al-Qadisiyya nel 637 e assediarono Ctesifonte. Ctesifonte cadde dopo un prolungato assedio. I governatori sasanidi provarono ad unire le loro forze per respingere gli invasori, ma il tentativo fallì a causa dell'assenza di una forte autorità centrale, ed i governatori vennero sconfitti nella battaglia di Nihavand. In cinque anni la maggior parte del territorio sasanide venne annesso al Califfato islamico.

Con l'assassinio di Yazdgard III a Merv nel 651 si concludeva la storia dei Sasanidi e incominciava quella della Persia islamica. La caduta rapida dell'Impero sasanide fu completata nel giro di cinque anni, e la maggior parte del suo territorio fu annessa al Califfato islamico; tuttavia, diverse città persiane continuarono a resistere rivoltandosi all'autorità islamica. La popolazione locale, non costretta per forza a convertirsi all'Islam, divenne suddita del Califfato islamico, e, in quanto dhimmi (cioè non ancora convertiti all'Islam), furono costretti a pagare una jizya fin quando non avessero abbracciato la nuova fede. In pratica, tale imposta sostituì quelle statuite dai Sasanidi, che tendeva a essere abbastanza salata. Oltre alla jizya, fu adottata dagli Arabi la vecchia tassa sasanide sulla terra (in arabo Kharaj). Si dice che il califfo ʿUmar avesse costituito una commissione che giudicasse se i dazi sulla terra fossero più di quanto la popolazione potesse pagare. La conversione della popolazione persiana all'Islam avvenne gradualmente, per completarsi di fatto verso la seconda metà dell'VIII secolo.

Il rapporto tra sacerdoti e guerrieri rivestiva una grande importanza, perché il concetto di Ērānshahr era ampiamente ripreso anche dai chierici. Senza questo legame, alcuni storici immaginano che l'impero sasanide non sarebbe sopravvissuto nelle sue fasi iniziali. A causa di questa relazione tra i guerrieri e i sacerdoti, religione e Stato erano considerati inseparabili nella religione zoroastriana. Tuttavia, una simile connessione causò l'indebolimento dell'impero, in quanto ogni gruppo cercò di imporre il proprio potere sull'altro. I disaccordi tra i sacerdoti e i guerrieri portarono a un'insanabile spaccatura interna tra i Sasanidi, causandone la caduta. I Sassanidi, allo stesso modo dei Parti, rimasero costantemente in cattivi rapporti con l'impero romano. Riconosciuti come una delle principali potenze mondiali, essi preservarono le relazioni ostili pure nel periodo successivo alla caduta dell'impero romano d'Occidente, frapponendosi dunque all'impero bizantino per due secoli circa. A dire il vero, già dopo la divisione dell'impero romano, avvenuta nel 395, i bizantini, la cui capitale aveva sede a Costantinopoli, continuarono a contendersi il dominio della Persia con i loro rivali, con le ostilità che si fecero via via più frequenti nel corso del tempo.

Come l'impero romano, anche i Sassanidi continuarono a combattere con altre realtà politiche confinanti e con le orde di nomadi. Sebbene la minaccia di incursioni compiute da questi ultimi non potesse mai essere completamente risolta, il potere centrale seppe arginare con maggiore successo questo pericolo rispetto ai romani, grazie a delle efficaci campagne belliche mirate con cui si riuscì a neutralizzare in più occasioni le tribù più aggressive. L'ultima delle numerose e frequenti lotte con i romei, la decisiva guerra romano-persiana del 602-628, durante la quale avvenne l'assedio di Costantinopoli del 626, si concluse con una disfatta per entrambe le fazioni in termini di perdite umane ed economiche. Come se non bastasse, i conflitti sociali interni all'impero lo avevano notevolmente indebolito, semplificando dunque la futura conquista islamica della Persia. La repentina comparsa e ascesa nello scenario geopolitico del califfato dei Rashidun Colse del tutto impreparati i Sasanidi, provati da logoranti anni di conflitto. Le forze musulmane diedero il via a una grossa espansione, sottomettendo e l'impero sasanide e le province bizantine orientali durante le guerre arabo-bizantine, privando Costantinopoli dei territori del Levante, del Caucaso, dell'Egitto e del Nord Africa.

Nei secoli successivi, metà dell'impero bizantino e l'intero territorio sasanide apparivano ormai stabilmente sotto il dominio musulmano. In estrema sintesi e ricorrendo a un giudizio sommario, nel corso dei secoli, il territorio sassanide confinava a occidente con quello del grande e stabile stato romano, mentre a est, i suoi vicini più prossimi erano l'impero Kusana e le tribù nomadi degli Unni bianchi. La costruzione di fortificazioni quali la cittadella di Tus o la roccaforte di Nishapur, che in seguito divenne un centro culturale e commerciale, aiutò a proteggere le province orientali dagli attacchi nemici.

Sotto l'impero partico, lo zoroastrismo si frammentò in delle entità regionali che adottarono vari elementi religiosi legati alla tradizione religiosa iranica e a quella dell'Antica Grecia. Il paganesimo greco, così come le idee diffusesi e mescolatesi allo zoroastrismo quando Alessandro Magno aveva sottratto l'impero persiano a Dario III, originarono un processo di sintesi religiosa e culturale greco-persiana che proseguì in epoca partica. Tuttavia, sotto i Sasanidi, rinacque un interesse per lo zoroastrismo ortodosso, malgrado con alcune numerose e importanti differenze. Nello specifico, lo zoroastrismo sassanide si sarebbe sviluppato per le chiare distinzioni con le pratiche stabilite dall'Avestā, i libri sacri della religione. Si sostiene spesso che il clero zoroastriano sasanide strumentalizzò la fede per esaltare la politica perseguita dalla corte. Le politiche religiose sasanidi contribuirono a riesumare numerosi movimenti riformisti, soprattutto quelli fondati dagli influenti profeti religiosi Mani e Mazdak.

Il rapporto tra i re sasanidi e le fedi praticate nel loro impero divenne complesso e vario. Ad esempio, mentre Sapore I tollerava e incoraggiava il multiculturalismo e pare che abbracciò in segreto lo zurvanismo, le minoranze religiose furono a volte soppresse dai re successivi, come nel caso di Bahram II. Sapore II, invece, tollerò numerosi gruppi religiosi ma non i cristiani, da lui perseguitati soltanto per via della conversione di Costantino. Il ruolo di Tansar Fin dall'inizio del dominio sassanide nel 224, una tradizione zoroastriana ortodossa nata nel Pars avrebbe svolto un ruolo importante nell'influenzare e legittimare lo Stato fino al suo crollo a metà del VII secolo. Dopo che Ardashir I depose l'ultimo re pratico, Artabano V, egli cercò l'aiuto di Tansar, un herbad (sommo sacerdote) degli zoroastriani iranici, al fine aiutarlo a legittimare la nuova dinastia. Tansar eseguì tale compito scrivendo alle autorità di fatto e ai vassalli attivi nelle diverse regioni dell'Iran allo scopo di accettare Ardashir I come loro nuovo signore, in particolare ricorrendo alla Lettera di Tansar, che era indirizzata a Gushnasp, il re vassallo di Tabaristan. Gushnasp aveva accusato Ardashir I di aver usurpato il trono e che, mentre le sue azioni «potrebbero essere state buone per il mondo», esse risultavano «cattive per la fede». Tansar confutò queste accuse nella sua lettera a Gushnasp, affermando che non tutti gli aspetti del mondo partico erano da considerarsi migliori e che Ardashir sarebbe stato più virtuoso dei suoi predecessori. La Lettera di Tansar includeva alcuni attacchi alle pratiche religiose e all'orientamento dei Parti, che non seguivano una tradizione zoroastriana ortodossa ma piuttosto eterodossa.

Di conseguenza, lo zoroastrismo aveva subito un processo di "decadenza" dopo l'invasione di Alessandro, un declino proseguito durante il dominio dei Parti e che meritava un'inversione di rotta. Tansar avrebbe poi aiutato a supervisionare la formazione di un'unica "Chiesa zoroastriana" gestita dai magi persiani, insieme alla creazione di un unico insieme di testi, l'Avestā, che lui stesso approvato e autorizzato. Influenza di Kartir Kartir, un chierico persiano molto potente e influente, prestò servizio sotto diversi re sassanidi e supervisionò il progetto politico di istituire un'ortodossia zoroastriana incentrata sulla regione di Pars è valida per tutto l'impero sassanide. Il suo potere e la sua influenza crebbero così tanto che divenne l'unico "uomo comune" a cui in seguito fu permesso di godere di proprie iscrizioni rupestri scolpite alla maniera dei sovrani (a Sar Mashhad, Naqsh-e Rostam, Ka'ba-ye Zartosht e Naqsh-e Rajab).

Sotto Sapore I, Kartir divenne «l'autorità assoluta» sull'«ordine dei sacerdoti» presso la corte sassanide e anche in tutte le regioni dell'impero, con l'implicazione che tutti i chierici zoroastriani regionali sarebbero stati per la prima volta da allora subordinati ai chierici di Pars. In una certa misura, Kartir perseguì una politica iconoclasta e si incaricò di aiutare a stabilire numerosi tempi del Fuoco in tutto l'Iran, soppiantando i monumenti e i templi contenenti immagini e idoli di divinità di culto proliferati durante l'epoca dei Parti. Nell'esprimere la sua ortodossia dottrinale, Kartir incoraggiò il perseguimento di un oscuro concetto zoroastriano noto come khvedodah tra la gente comune (matrimonio all'interno della famiglia, nello specifico tra fratelli e cugini). In varie fasi della sua lunga carriera a corte, Kartir supervisionò anche la persecuzione periodica dei non zoroastriani in Iran e si assicurò l'esecuzione dei dettami del profeta Mani durante il regno di Bahram I. Nel corso del dominio di Ormisda I, predecessore e fratello di Bahram I, Kartir ricevette il nuovo titolo zoroastriano di mobad, una carica clericale nata e pensata per essere considerata superiore a quella dell'Iran orientale di epoca partica di herbad.

I persiani conoscevano da tempo il calendario egiziano, con i suoi 365 giorni divisi in 12 mesi. Tuttavia, il calendario zoroastriano tradizionale aveva 12 mesi di 30 giorni ciascuno. Durante il regno di Ardashir I, fu eseguito un tentativo di introdurre un calendario zoroastriano più accurato per l'anno, con il quale si aggiungevano 5 giorni prima inesistenti. Questi ultimi furono chiamati giorni di Gatha e avevano una valenza pratica oltre che religiosa. Tuttavia, furono ancora tenuti separati dall'«anno religioso», in modo da non disturbare le osservanze di lunga data del calendario zoroastriano più antico. Al momento dell'introduzione della prima riforma del calendario, emersero alcune difficoltà, in particolare con riguardo ad alcune importanti feste zoroastriane come Hamaspat-maedaya e Nawrūz nel calendario anno dopo anno. Questa confusione ingenerò apparentemente grandi malumori tra la gente comune; mentre la corte cercava di imporre l'osservanza di queste sontuose celebrazioni nelle nuove date ufficiali, gran parte della gente comune continuò ad osservarle nelle date tradizionali più antiche; per questo motivo, si creò una situazione in virtù della quale le celebrazioni parallele per Nawrūz e altre festività zoroastriane si svolgevano spesso a pochi giorni l'una dall'altra.

La confusione scatenata dai due calendari causò molta confusione e attrito tra i laici e la classe dirigente. In seguito, il clero scelse di introdurre un compromesso, ampliando la durata delle celebrazioni parallele a una ricorrenza che sarebbe durata sei giorni. Tale modifica non riguardò il Nawrūz. Insorse comunque un ulteriore problema, poiché il Nawrūz venne spostato durante questo periodo dall'equinozio di primavera all'autunno, sebbene questa incoerenza fosse probabilmente nata già in epoca partica. Ulteriori riforme del calendario ebbero luogo durante la tarda era sassanide. Sin dai tempi delle innovazioni introdotte da Ardashir I, non si verificò alcun cambiamento al calendario. Pertanto, con un quarto di giorno perso ogni anno, gli sbalzi tra i mesi divennero talmente sensibili che alla fine il Capodanno si concludeva a luglio. Constatate le problematiche, si scelse di convocare un grande consiglio e si decise di spostare il Nawrūz in concomitanza con la stagione in cui aveva luogo durante la parentesi achemenide, ovvero in primavera. Questo cambiamento avvenne probabilmente durante il regno di Kavad I, all'inizio del VI secolo. Pare che in questo frangente si diede molta enfasi all'importanza della primavera e alla sua connessione con la risurrezione e il Frashegerd.

Gli antichi sasanidi si pronunciarono contro l'uso delle immagini di culto, ragion per cui statue e idoli furono rimossi da molti templi e, ove possibile, si installarono dei fuochi sacri. Questa politica si estese anche alle regioni abitate dagli Aniran (letteralmente non iranici) durante alcune fasi. Ahura Mazdā avrebbe distrutto le statue erette in memoria dei defunti in Armenia. Tuttavia, si scelse di rimuovere solo le statue di culto. I Sasanidi continuarono a impiegare le immagini per rappresentare le divinità dello zoroastrismo, inclusa quella di Ahura Mazdā, nella tradizione sviluppatasi durante il periodo seleucide. Nei tempi antichi, le iscrizioni reali consistevano spesso in iscrizioni in partico, medio persiano e greco. Tuttavia, l'ultima volta che il partico venne utilizzato per un'iscrizione reale risale al regno di Narsete, figlio di Sapore I. È probabile quindi che subito dopo questo accadimento, i Sasanidi adottarono la decisione di imporre il persiano come unica lingua ufficiale all'interno dell'Iran e proibirono l'uso del partico scritto. Ciò ebbe importanti conseguenze per lo zoroastrismo, dato che tutta la letteratura secondaria, incluso lo Zend, andò poi trasposta solo in medio persiano, avendo un profondo impatto nell'orientare lo zoroastrismo verso i dettami statuiti dalla regione di Pars, patria della dinastia regnante.

L'influenza del mondo sasanide si trascinò a lungo dopo la sua caduta. L'impero, sotto la guida di diversi abili regnanti prima della sua eclissi, aveva dato vita a un rinascimento persiano che sarebbe diventato trainante per la civiltà islamica. Nel moderno Iran e nelle regioni della Grande Persia, il periodo sasanide viene considerato uno dei punti più alti raggiunto dalla civiltà iraniana. La cultura e la struttura militare sasanide ebbero un'influenza significativa sulla civiltà romana. La struttura e il carattere dell'esercito romano furono influenzati dai metodi di guerra persiani. In una forma modificata, l'autocrazia imperiale romana emulò le cerimonie reali della corte sasanide a Ctesifonte, e queste a loro volta hanno avuto un'influenza sulle tradizioni cerimoniali delle corti dell'Europa medievale e moderna. L'origine delle formalità della diplomazia europea è attribuita alle relazioni diplomatiche tra i governi persiani e l'impero romano.

Nella storia ebraica Sono molteplici gli sviluppi associati all'impero sasanide nella storia ebraica. Il Talmud babilonese fu composto tra il III e il VI secolo nella Persia sasanide, mentre in Sura e Pumbedita furono fondate le principali accademie ebraiche di apprendimento, che divennero pietre miliari dell'accademia talmudica di Babilonia. Diversi membri della famiglia imperiale come Ifra Hormizd la regina madre di Sapore II e la regina Shushandukht, la moglie ebrea di Yazdgard I, contribuì in modo significativo alle strette relazioni tra i semiti dell'impero e il governo di Ctesifonte. Il crollo dell'impero sasanide portò l'islam a soppiantare lentamente lo zoroastrismo come religione principale dell'Iran. Un gran numero di zoroastriani scelse di emigrare per sfuggire alla persecuzione islamica. Secondo il Qissa-i Sanjan, un gruppo di quei rifugiati sbarcò nell'attuale Gujarat, dove fu loro concessa una maggiore libertà di osservare le loro antiche usanze e di preservare la loro fede. I discendenti di quegli zoroastriani avrebbero svolto un ruolo piccolo ma significativo nello sviluppo dell'India. Attualmente si contano oltre 70.000 zoroastriani in India, malgrado il loro numero sia in declino. Gli zoroastriani impiegano ancora una variante del calendario religioso istituito sotto i Sasanidi. Quel calendario segna ancora il numero di anni dall'adesione di Yazdgard III, proprio come avvenne nel 632. 

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