Lucio Tarquinio Prisco (in latino: Lucius Tarquinius Priscus; Tarquinia, ... – 579 a.C.) originario di Tarquinia in Etruria, è stato il quinto re di Roma secondo la cronologia di Tito Livio, e regnò per 37 anni. Secondo la tradizione Lucio Tarquinio Prisco era nato a Tarquinia da madre etrusca, ma era greco per parte di padre (Demarato era originario della città greca di Corinto da dove era fuggito per stabilirsi poi a Tarquinia) ed a causa dell'ascendenza paterna, nonostante fosse ricco e noto in città, veniva osteggiato dai suoi concittadini e non riusciva ad accedere alle cariche pubbliche. Per questi motivi, e su consiglio di sua moglie Tanaquilla, decise quindi di emigrare da Tarquinia a Roma, dove cambiò nome, dall'etrusco Lucumone al più latino Lucio Tarquinio detto poi Prisco per distinguerlo dall'ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo.

Al suo arrivo a Roma, nei pressi del Gianicolo, dove arrivò a bordo di un carro, accadde un fatto eccezionale; un'aquila prima gli portò via il berretto, poi tornò indietro e lo fece cadere sulla sua testa. Tanaquilla, che in quanto etrusca conosceva l'arte di interpretare i segni del cielo, interpretò questo fatto come il segno di future grandezze per il marito. In città Tarquinio si fece notare per le sue qualità e la sua generosità, tanto che Anco Marzio volle conoscerlo e, una volta divenuto amico, prima lo fece entrare tra i suoi consiglieri, poi decise di adottarlo, affidandogli il compito di proteggere i suoi figli. Secondo alcuni studiosi come Giuseppe Valditara, ricoprì anche la carica di magister populi. Alla morte del re, Tarquinio riuscì a farsi eleggere re dal popolo romano come figlio di Anco Marzio salendo al potere in seguito a una congiura contro lo stesso Anco. La sua abilità militare fu subito messa alla prova da un attacco sferrato dai Sabini; l'attacco fu respinto dopo sanguinosi combattimenti nelle strade della città, portando non pochi territori di queste genti vinte sotto il controllo di Roma.

Fu in questa occasione che fu aumentato il numero di cavalieri che ognuna delle tre tribù (Ramnes, Tities e Luceri) doveva fornire all'esercito. Tarquinio poi combatté i Latini, destinandoli a sorte diversa a seconda se avessero combattuto contro i romani, o se si fossero arresi dopo essersi ribellati. E così che distrusse Apiolae e conquistò Collatia, che diventò colonia romana governata dal nipote Egerio, fu più clemente con Crustumerium e Nomentum. Quindi combatté contro una coalizione di Latini ed Etruschi delle città di Chiusi, Arezzo, Volterra, Roselle e Vetulonia corsi in aiuto dei Latini. Lo scontro si risolse, a seguito di due durissime battaglie campali, a favore dei romani, che ebbero la meglio sulla coalizione nemica, con i Latini che ottennero la pace dietro il pagamento dei danni e la restituzione di quanto depredato. Gli scontri continuarono però anche nei due anni successivi, questa volta però contro una coalizione di Etruschi e Sabini, fino a che i romani sbaragliarono i due campi nemici, che erano stati eretti alla confluenza tra il Tevere e l'Aniene nei pressi di Fidenae, con uno stratagemma. In seguito a questa sconfitta i Sabini concordarono con i romani una tregua di sei anni, contrariamente agli Etruschi, che occuparono Fidenae con una propria guarnigione, avendo intenzione di continuare gli scontri.

Gli scontri tra i Romani e gli Etruschi di Veio e Caere durarono altri sette anni e si risolsero con un grande scontro campale presso la città sabina di Eretum, vinto dai romani. In seguito a questo scontro gli etruschi si arresero ai romani e presentarono a Tarquinio Prisco i segni del potere delle proprie città, Fasci Littori e Sedie Curuli, come segno di resa. Fu Tarquinio che per primo celebrò un trionfo su un cocchio dorato a quattro cavalli in Roma, vestito con una toga ricamata d'oro ed una tunica palmata (con disegni di foglie di palma), vale a dire con tutte le decorazioni e le insegne per cui risplende l'autorità del comando. E sempre a lui si deve l'introduzione in città di usanze tipicamente etrusche, relative alla sua posizione regale, come i riti sacrificali, la divinazione, la musica per le pubbliche manifestazioni, le trombe (tubae), gli anelli, lo scettro, il paludamentum, la trabea, la sella curule, le falere, toga pretesta ed i fasci littori e le asce.     

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