Il trattato di al-Hudaybiya fu uno degli episodi più significativi della vita del profeta Maometto. Fu stipulato nel marzo del 628 (corrispondente all’anno 6 dell’Egira, mese di Dhu al-Qi‘dah) tra la comunità di Medina, guidata da Maometto, e la tribù dei Quraysh, che dominava La Mecca. Questo accordo stabiliva una tregua di dieci anni tra le due parti, riduceva le tensioni e riconosceva ai musulmani il diritto di tornare l’anno successivo per un pellegrinaggio pacifico, che sarà ricordato come il Primo Pellegrinaggio. Tuttavia, il trattato non durò a lungo: dopo solo due anni i Quraysh lo ruppero, e questo portò Maometto, nel 630, a marciare su La Mecca con un esercito di diecimila uomini.

Dopo anni di persecuzioni a La Mecca, nel 622 Maometto lasciò la città con i suoi seguaci e si stabilì a Medina. Qui ottenne più sostenitori e costruì una base politica e militare solida. I musulmani affrontarono i Quraysh in tre importanti battaglie, e La Mecca rimase di fatto interdetta ai fedeli islamici, nonostante ospitasse la Ka‘ba, santuario centrale del pellegrinaggio. Inizialmente i musulmani pregavano rivolti verso Gerusalemme, ma a Medina, secondo la tradizione, Maometto ricevette una rivelazione che li indirizzava a pregare in direzione della Mecca.

Nel marzo del 628, dopo un sogno in cui si vide compiere il rito del pellegrinaggio attorno alla Ka‘ba, Maometto decise di partire per La Mecca. Si mise in cammino con circa 1500 fedeli, vestiti da pellegrini e accompagnati da animali destinati ai sacrifici rituali. I Quraysh, temendo un attacco, mandarono 200 cavalieri per fermarli. Maometto evitò lo scontro scegliendo un percorso alternativo e si accampò a Hudaybiya, ai margini del territorio sacro della Ka‘ba. I Quraysh inviarono emissari per trattare. Maometto ribadì di non avere intenzioni ostili, ma i Meccani si rifiutarono di lasciarlo entrare liberamente, temendo che sarebbe stato visto come un segno di debolezza. A un certo punto Maometto inviò il suo fidato compagno Uthman a negoziare, ma si diffuse la voce che fosse stato ucciso. Per reagire, Maometto chiese ai suoi seguaci di giurargli fedeltà a combattere fino alla fine contro i Quraysh: fu il cosiddetto Giuramento sotto l’albero. La voce però era falsa, e poco dopo arrivò un emissario Quraysh, Suhayl ibn Amr, con cui fu redatto l’accordo di pace.

Il documento, scritto da Ali, stabiliva: tregua di dieci anni; chi fuggiva da La Mecca per unirsi a Maometto senza il permesso del suo tutore doveva essere restituito, mentre i musulmani che passavano dalla parte dei Quraysh non sarebbero stati riconsegnati; ogni tribù araba poteva allearsi liberamente con Maometto o con i Quraysh; i musulmani sarebbero tornati a Medina senza compiere il pellegrinaggio, ma avrebbero potuto ripresentarsi l’anno successivo, restando a La Mecca per tre giorni e senza portare armi se non spade nel fodero. Durante la firma ci furono tensioni: Suhayl, ad esempio, rifiutò di riconoscere Maometto come “profeta di Dio” nel testo, accettando solo il suo nome. Maometto accettò la modifica. Subito dopo, accadde un episodio doloroso: il figlio di Suhayl, Abu Jandal, appena convertitosi all’Islam, cercò rifugio tra i musulmani ma fu riconsegnato al padre, in base ai termini dell’accordo. Molti seguaci erano delusi, ma Maometto li invitò a compiere comunque i riti del sacrificio e a radersi i capelli, dando lui stesso l’esempio. Tornati a Medina, fu rivelata la Sura 48 del Corano, che interpretava il trattato come una vittoria.

Alcuni fuggiaschi musulmani da La Mecca furono inizialmente riconsegnati, ma alcuni riuscirono a radunarsi sulla costa formando un piccolo gruppo armato che iniziò ad attaccare le carovane Quraysh dirette in Siria. Questo portò gli stessi Quraysh a chiedere a Maometto di accogliere quei musulmani a Medina. Il trattato venne infranto quando alcune donne musulmane fuggirono dalla Mecca a Medina. Una rivelazione (Sura 60) stabilì che le donne non dovessero essere restituite agli idolatri, segnando una rottura definitiva degli accordi. Col tempo, il trattato di Hudaybiya si rivelò una mossa strategica vincente. Per la prima volta i Quraysh riconoscevano Maometto come interlocutore di pari livello. Inoltre, il permesso di pellegrinaggio alla Ka‘ba diede grande prestigio ai musulmani, attirando nuove tribù verso l’Islam.

Lo storico Ibn Hisham scrisse che nessuna vittoria fu più grande di questa, perché grazie alla tregua la gente poté conoscere l’Islam senza la pressione della guerra. Maometto sfruttò la pace per espandere la sua influenza in altre regioni, come la campagna contro Khaybar, e per attrarre alleanze che prima erano legate ai Quraysh. Alcuni studiosi moderni, come Fred Donner e Montgomery Watt, hanno interpretato il trattato come una manovra politica abilissima: nonostante sembrasse una concessione, permise a Maometto di rafforzarsi, isolare i nemici e trasformare una tregua in un passo decisivo verso la conquista di La Mecca

 

 

Wikipedia: Accordo di al-Hudaybiyya